Credo che nessuno meglio di quelle decine di migliaia di giovani italiani, under 40 -che ogni anno, lasciandosi molto spesso alle spalle una situazione di precarietà e disperazione, scelgono il Regno Unito come meta preferita per costruirsi un futuro- possa spiegare in modo più pratico il successo dei Conservatori. Conservatori che dal 1979, a parte il decennio (1997/2010) del Governo laburista “sui generis” di Tony Blair/Gordon Brown (il primo dei quali, fra l’altro, connotò, senza farne mistero, la sua azione politica a quella di Margaret Thatcher che definiva “donna monumentale”) hanno governato, pressoché, ininterrottamente. Malgrado qualche rallentamento il quadro macroeconomico del Regno unito rimane ampiamente soddisfacente: Un tasso di disoccupazione in calo al 3.8%, una crescita del Pil del 1,3% (con un settore dei servizi che contribuisce per oltre tre/quarti alla sua composizione), un rapporto deficit/Pil all’1,3%, un rapporto debito pubblico/Pil al 85,2%, ma soprattutto, dato importantissimo, prima destinazione europea per quel che riguarda gli investimenti diretti esteri. Credo che siano questi risultati concreti e non la BREXIT (che, semmai, ha avvantaggiato elettoralmente i laburisti) ad aver determinato il successo dei Conservatori.
Personalmente, sono molto dispiaciuto per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea in quanto, da sempre, ho sperato che l’Europa continentale (e, ovviamente, il mio Paese) fosse contaminata da quel modello liberale. E sono certo che un grande popolo, o dentro o fuori una Unione sovranazionale, farà, comunque, sempre bene. Per quanto riguarda il partito laburista del “controverso” Jeremy Corbyn credo sia ricaduto in un errore ricorrente a sinistra: riposizionarsi su posizione tradizionaliste con connotazioni di “mondialismo“, pacifismo e ambientalismo a senso unico, perdendo di vista ogni sano pragmatismo. Molto probabilmente, gli Inglesi (e Corbyn pare aver rinfrescato loro la memoria) si sono ricordati di che cosa era l’Inghilterra verso la fine degli anni 70 con il governo laburista di James Callaghan e prima della cura della Signora Thatcher.
Definito il malato d’Europa, l’Inghilterra aveva la produttività più bassa rispetto agli altri Paesi d'Europa e perdeva prestigio internazionale. L’interesse generale era succube dei vari coorporativismi e particolarismi anche sindacali che avevano la meglio di fronte a Governi sostanzialmente senza polso.
Come non vedere analogie con l'Italia di oggi. #caffealle18
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