HAMMAMET è semplicemente un film sul dolore. Un film che racconta molto bene il dolore di un ex leader un tempo osannato e “onnipotente” e in seguito malato ed umiliato, di una figlia amorevole che somatizza il dolore del proprio padre, del dolore fisico e psichico del figlio di uno dei tanti amministratori allora coinvolti. Un dolore che oltrepassa lo schermo unitamente alle mortificazioni (vedi l’episodio dei turisti italiani al porto) e all’ipocrisia di un popolo sempre abile a saltare sul carro del vincitore (e ciò sia di riflessione ai "potenti" di oggi) da lasciare alla fine lo spettatore angosciato (ho visto la proiezione ieri su invito della federazione metropolitana del PSI di Roma che saluto e ringrazio). Dolore che merita rispetto da parte di tutti, anche dei denigratori incalliti, sempre di meno, che potevano almeno ieri, in occasione dell’uscita del film rievocativo, risparmiarsi articoli dal dubbio gusto volti a rimarcare le disavventure giudiziare (nessuno intende cancellarle) del defunto leader riformista (come un fine pena mai, anche post mortem). Voglio chiarire che non ebbi in alcuna simpatia Craxi quando fu uomo di potere. Mi iscrissi, a quello che rimaneva di un glorioso partito (unico partito cui sono stato iscritto), qualche anno dopo la scomparsa di Craxi. Fu una esperienza avvincente con la federazione di Pisa. Conobbi lì, in un partito non più di potere e, dunque, non appetito da clientes e da “assaltatori di buffet”, dei compagni rigorosi, preparati, leali di spessore umano; Carlo, Rosario, il compianto Piero, Rolando, Alessandro, Nedo per ricordarne affettuosamente alcuni. Volutamente e involontariamente, la dietrologia è un esercizio che non amo, Craxi finì per essere il capro espiatorio di un sistema politico che si finanziava risaputamente a quella maniera e a cui un sempre lungimirante Marco Pannella, che lo aveva costantemente denunciato, tentò di dare una soluzione politica al posto della liquidazione giusidiziaria. Non di certo nessun film celebrativo, articolo o libro, bensì la storia e anche un sereno raffronto fra l’italia di Craxi e quella post Craxi, fra i risultati economici e di crescita di allora e quelli di oggi a distanza di 25 anni, fra le capacità e la cultura politica di allora e di oggi, fra gli stessi sistemi di finanziamento di allora e quelli (per certi versi piu' sottili e ripugnanti) odierni, e non da ultimo, per chi si sente autenticamente socialista, tra il funzionamento dell'ascensore durante il primo centro sinistra e l'epopea craxiana e quello (inesistente) dei giorni nostri, a dare allo statista socialista la collocazione che merita. #caffealle18
Pe' prenne posizione sur tema der momenno, che po' esse er covidd, l'imigrazione, oppure er referendum, da "La Repubblica", a primo matino, Bertoldo se legge l'articolo de fonno. Ner pomeriggio, poi, se fa un giro da Fertrinelli a compra' er libbro più inn der momento. Pe pote' segui', der politically correct, l'umore se sfoja pure er sole 24 ore. De capoccia sua a ragiona' manco a parlanne, dovesse lo sforzo rompe quarche vena. Cor giornale sotto braccio er petto tronfio e cor libro più fico in mano, pronto per baccaja' su l'argomento, adascio adascio Bertoldo procede cojonato, fesso e contento.
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