E’ inutile girarci attorno: il nostro Paese è da decenni letteralmente asfissiato da un debito pubblico elefantiaco.
Dall’adesione al trattato di Maastricht ad oggi non siamo stati in grado (complice anche una architettura istituzionale che non assicura una governabilita' responsabile) di riallinearlo, o quantomeno avvicinarlo, a quello che è il parametro fondamentale (60% debito/pil) per poter rimanere decentemente nonche' proficuamente nell’Unione.
Il problema grosso del debito è la montagna di interessi che vi paghiamo sopra: per avere una idea basti pensare che, dal 1981 (anno dello “sciagurato” "Divorzio" fra Ministero del Tesoro e Banca d'Italia) ad oggi, abbiamo corrisposto oltre 3800 miliardi di Euro di interessi, qualcosa come 2 volte il nostro Pil.
Ecco il motivo per cui, realisticamente -con un debito che si preannuncia, a causa della crisi economica da Covid-19, schizzare dal 135% al 180%-, l’unica strada, per poter continuare in modo sostenibile a proseguire l’avventura europea, coincide con la possibilità di pagare sulla enormita' di debito pubblico da rimborsare gli stessi interessi che la Germania paga sui propri Bund.
Di questo particolare, che non è assolutamente un capriccio, occorre che tedeschi, olandesi e francesi (che sicuramente ne sono ben consapevoli) ne tengano debito conto.
Va dato atto che l’Unione Europea, a seguito della pesante crisi economica scaturita dal coronavirus, ha messo in campo una serie di aiuti non di poco conto.
Ne elenco di seguito alcuni fra i più significativi:
- Stop al patto di stabilità grazie al quale ogni governo europeo può immettere, senza il vincolo del deficit, tutti i soldi necessari a fronteggiare la crisi economica.
- Potenziamento da parte della BCE, per favorire la circolazione di liquidità, di 120 miliardi di euro del piano di acquisti di titoli pubblici e privati (Quantitative Easing o c.d. Cannone).
- MES leggero per le spese sanitarie che viene finanziato con 240 miliardi; ogni Paese può richiedere fino al 2% del proprio Pil (per l'Italia sarebbero circa 35 miliardi).
- La Banca europea per gli investimenti (BEI), i cui azionisti sono tutti gli Stati membri, ha avanzato la proposta di la creare un fondo da 25 miliardi al fine di garantire prestiti alle imprese per 200 miliardi di euro.
- Utilizzo immediato dei fondi disponibili per finanziare i programmi operativi regionali e nazionali.
- Il fondo SURE da 100 miliardi lanciato dalla Commissione europea contro la disoccupazione per permettere di finanziare le "casse integrazioni" nazionali degli Stati membri.
Tutti interventi apprezzabilissimi, utili per continuare a tamponare, ma purtroppo del tutto insufficienti a risolvere il problema, e non per mancanze e cattiverie altrui, bensi' per un difetto intrinseco nostro.
Forse sarò troppo drastico, ma riterrei insufficiente anche l’ipotesi dei coronabond (accantonata ma non totalmente esclusa) chiesti per finanziare un piano per la ripresa di circa 1000 miliardi di euro.
All’Italia, e' una mia opinione, per non rimanere definitivamente schiacciata sotto la montagna del proprio debito e, soprattutto, degli interessi, occorre un nuovo strumento finanziario con cui rimpiazzare tutti i vecchi titoli del debito sovrano, man mano che scadono, e alleggerirne, in tal modo, il carico in 10 anni.
Uno strumento facilmente collocabile sul mercato finanziario, con un tasso di interesse bassissimo e al riparo, finalmente, dallo spread.
L’identikit corrisponde agli Eurobond (o altro “meccanismo” similare) garantiti, dunque, non piu' solo dallo Stato Italiano, ma dall’intera Unione Europea.
Ovviamente non possiamo pretendere ciò dai Paesi del nord, finanziariamente virtuosi, e il loro rifiuto e' del tutto legittimo.
Tuttavia, è il solo modo concreto e sostenibile, accompagnato dalle necessarie riforme strutturali, che abbiamo, indipendentemente dalla nostra volontà, di rimanere nell’Unione e non esserne estromessi dagli eventi.
Detto questo, non credo più ai governi tecnici e non per un pregiudizio.
Nel 2011 partecipai con grande entusiasmo all’avventura del prof. “liberale” sen. Monti (ne leggevo da anni i suoi fondi sul Corriere della Sera) e ne ho ricevuto una altrettanto grande delusione: tasse e morale sotto i piedi.
Premesso ciò, tuttavia, in questa fase molto delicata e cruciale, in entrambe le ipotesi, dentro o fuori l'unione monetaria, ritengo Mario Draghi, alla luce della conoscenza a menadito dei meccanismi monetari e per la indubbia stima europea ed internazionale di cui gode, il timoniere o traghettatore adatto.
Mi pare che sul suo nominativo si registra un ampio apprezzamento da parte di tutti.
Occorre, a questo punto, fare presto.
Occorre unità, responsabilità e partecipazione di tutte le forze politiche poiché il Paese e a rischio sfaldamento.
Questa mia preoccupazione che avevo anticipato giusto un mese fa in un post, parafrasando Sir Winston Churchill in una "ora buia", vedo viene condivisa anche da commentatori e osservatori influenti.
Governo di coesione nazionale per sopire spinte separatiste e per evitare pericolose lacerazioni e spaccature non solo geografiche, ma anche fra categorie produttive.
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