Ci risiamo.
Gli appalti pubblici ancora
una volta si manifestano come il terreno di coltura prediletto della corruzione
e del malaffare in questo Paese sempre più sciagurato.
Relegare il contrasto di
tale fenomeno al solo codice penale è insufficiente come ampiamente dimostrato
dal riemergere periodico di gravi scandali.
Alla corruzione vanno
tagliate le gambe agendo sapientemente e diligentemente sui meccanismi che la
generano.
Un rimedio efficace, quanto meno da sperimentare, potrebbe consistere nell'introdurre capillarmente nel settore appalti pubblici il criterio del sorteggio: Una volta
individuata e deliberata l’opera pubblica da eseguire e determinatone il giusto
prezzo grazie all’ausilio di esperti (eliminando, così, il meccanismo anomalo dei
ribassi che compromette la serietà e la congruità dell’offerta stessa) l’appalto
andrebbe assegnato unicamente mediante pubblico sorteggio nell’ambito di un
elenco aperto e certificato di imprese interessate e con comprovate capacità
tecniche per la perfetta esecuzione dell’opera.
Il tutto a patto che,
ovviamente, il sorteggio sia realmente tale, e che gli elenchi di
competenze accreditate e certificate siano effettivamente aperti a tutti gli
operatori seri e capaci e non degradino a strumenti distorsivi della libera
concorrenza o, peggio ancora, a cartelli clientelari.
Col criterio trasparente del
sorteggio verrebbe inferto anche un duro colpo al clientelismo restituendo
dignità agli imprenditori del settore costretti, dal sistema attuale di
assegnazione, a cercare degli sponsor politici per poter lavorare.
Certo bisogna chiedersi fino
a che punto i partiti sono disposti a togliere le mani dagli appalti pubblici
ed a introdurre criteri di trasparenza rinunciando ad una cospicua fetta di
potere clientelare?
Ma, allo stesso tempo,
bisogna domandarsi fino a che punto arriva la loro irresponsabilità e miopia …
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