In queste ore, in sede di Consiglio europeo, si sta conducendo una trattativa serrata con la speranza che si approdi, in un modo o nell’altro, a qualcosa di positivo.
Francamente, per mio carattere, da italiano, trovo mortificante e poco dignitoso che il mio Paese si sia ridotto a "chiedere".
Il problema, ovviamente, parte da lontano, almeno dal 1992 quando la situazione del debito pubblico, seppur pesante, era ancora reversibile: sarebbe bastato un serio atto di responsabilità "bipartisan" mediante la predisposizione di un piano pluriennale vincolante di risanamento -anticipando, a quel tempo, gli interventi correttivi e le manovre finanziarie spalmate tardivamente e, dunque, inutilmente nel corso di questi decenni- sulla cui attuazione avrebbero dovuto concorrere a vigilare, responsabilmente, tutti nessuno escluso.
Il problema, ovviamente, parte da lontano, almeno dal 1992 quando la situazione del debito pubblico, seppur pesante, era ancora reversibile: sarebbe bastato un serio atto di responsabilità "bipartisan" mediante la predisposizione di un piano pluriennale vincolante di risanamento -anticipando, a quel tempo, gli interventi correttivi e le manovre finanziarie spalmate tardivamente e, dunque, inutilmente nel corso di questi decenni- sulla cui attuazione avrebbero dovuto concorrere a vigilare, responsabilmente, tutti nessuno escluso.
Oggi discuteremmo di un debito pubblico (dato 2019: 134,8%) in linea con quello dei Paesi europei “frugali” (dati 2019: Olanda, guidata da un governo liberale, rapporto debito/pil 48.6%; Austria governata dai cristiano democratici, 70,4%; Danimarca guidata dai socialisti, 33,2%; Svezia con un governo socialista, 41%) e presenzieremmo, in sede di Consiglio europeo, in una veste più consona alla nostra storia anche economica.
I quattro paesi frugali, tanto vituperati per il loro rigorismo finanziario e per la loro ossessione per i bilanci pubblici, hanno tassi di disoccupazione bassissimi, fisiologici, e non a due cifre, (in ordine di citazione, dati aprile 2019: 3,3%; 4,7%; 5,3; 6,2%), un welfare generoso ma efficientissimo; sono Paesi in cui sono riconosciuti giuridicamente i diritti alle famiglie di fatto, ma al tempo stesso le famiglie “tradizionali”, con prole, ricevono aiuti da noi inimmaginati; sono, altresì, Paesi in cui i penitenziari e la condizione carceraria sono degni di un Paese civile, il tutto, tenetevi forte, con una pressione fiscale totale almeno di 10 punti percentuali inferiore alla nostra, grazie proprio alla sapiente, corretta e trasparente gestione delle risorse pubbliche.
Dunque, al di là delle antipatie momentanee e di come andrà a finire la difficile trattativa sul Recovery Fund, i Paesi “frugali” ci insegnano che il rigore finanziario, l’equilibrio dei bilanci pubblici, la serietà vanno di pari passo con gli interessi dei cittadini e della Nazione e questo è un principio sempre valido, sia dentro la Unione Europea (col senno di poi, mi rendo sempre piu' conto che, a monte, fu un grosso errore entrarvi e ne spiegherò le ragioni in un prossimo approfondimento), sia fuori la UE, ed è un assioma valido per sovranisti, socialisti, nazionalisti e liberali, insomma, in breve, valido per chiunque e ovunque nel mondo ami un po’ la serietà.
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