Non voglio entrare nel merito dell’ipotesi di reato addebitata all’ex Ministro, anche se ho una mia idea ben precisa, ora che della questione è stato investito il giudice naturale (sezione ordinaria del Tribunale penale di Catania). La mia vuole essere solo una considerazione di opportunità politica. Mi domando, infatti, con che "animus", dopo la richiesta del Tribunale dei Ministri e il "via libera" di ieri al Senato, gli attuali nonché i futuri Ministri dell’Interno, della Difesa e delle Infrastrutture e Trasporti potranno affrontare possibili e probabili future emergenze legate a fenomeni migratori di massa che, indubitabilmente, ineriscono anche aspetti legati alla sicurezza nazionale? Sicurezza nazionale che va intesa in senso ampio: dunque, non solo sicurezza dei confini e tutela delle acque territoriali, bensì anche tenuta dello stesso sistema sociale di accoglienza, del welfare, del servizio sanitario nazionale, sia dal punto di vista organizzativo che, fatto assolutamente non trascurabile, della sostenibilità finanziaria. La nostra Costituzione, invero, prevede che gli stranieri, anche irregolari, godano della protezione dei diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme interne e dalle convenzioni internazionali, ma non prevede l’universalizzazione dei diritti sociali. Quei diritti fondamentali e inviolabili giustamente tanto reclamati, che tutelano allo stesso modo cittadini e non, sono storicamente nati all’interno di Stati nazionali con tanto di confini, acque territoriali e sovranità ben difesi e presidiati da eserciti e marine militari. Fuori da questo perimetro non esistono diritti e libertà, ma utopie, caos e negazione degli stessi. Il “pericoloso” precedente di ieri finirà per condizionare irrimediabilmente l’azione di governo a riguardo, alla luce del rischio insito nel fronteggiare non lo sbarco sporadico di qualche centinaia di naufraghi, come qualcuno ha enfatizzato ieri in aula al Senato, ma arrivi organizzati, ripetuti e incessanti causa la crisi libica e di un continente sempre più disperato, sfruttato e alla deriva. Fu, non ieri bensì tre anni fa, un politico rigoroso e al di sopra di ogni sospetto come Piero Fassino a lanciare l’allarme per il superamento, dal punto di vista numerico, della soglia di governabilità del fenomeno migratorio di massa in itinere. Del resto, il controllo del territorio anche attraverso il potere-dovere di disciplinare, regolamentare, controllare e gestire i flussi migratori, soprattutto ove irregolari e massicci, rappresenta, indiscutibilmente, una estrinsecazione della sovranità dello Stato, dunque un bene giuridico protetto che ogni cittadino, ogni pubblico ufficiale, ministro o magistrato, è tenuto a tutelare e a presidiare. L’ipotesi di accusa è inerente un atto di governo di un ex ministro dell’Interno nonché vice presidente del consiglio dei ministri (atto la cui la collegialità e' inequivocabile per come si svolsero i fatti e alla luce dell'art. 95 della Costituzione) posto in essere in ottemperanza ad una precisa linea di rigore sugli ingressi nel nostro Paese, condivisa da tutto il Governo e dalla sua maggioranza, e passibile solo di valutazione e critica politica. Ieri al Senato era in gioco non il destino di un “nemico” politico ingombrante il cui impatto mediatico ha avuto un peso determinante nell’intera vicenda anche processuale (non dovrebbe essere mai così), ma l’autonomia dell’azione politica e di governo. #caffealle18
Pe' prenne posizione sur tema der momenno, che po' esse er covidd, l'imigrazione, oppure er referendum, da "La Repubblica", a primo matino, Bertoldo se legge l'articolo de fonno. Ner pomeriggio, poi, se fa un giro da Fertrinelli a compra' er libbro più inn der momento. Pe pote' segui', der politically correct, l'umore se sfoja pure er sole 24 ore. De capoccia sua a ragiona' manco a parlanne, dovesse lo sforzo rompe quarche vena. Cor giornale sotto braccio er petto tronfio e cor libro più fico in mano, pronto per baccaja' su l'argomento, adascio adascio Bertoldo procede cojonato, fesso e contento.
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