Da Mario Draghi (sempre che accetti l'incarico dal Presidente Mattarella e ottenga, successivamente, la fiducia delle Camere) non dobbiamo attenderci miracoli, bensì sperare in una inversione di tendenza.
Arriva nell'ora più buia per il Paese dal dopoguerra ad oggi: Infatti, piano vaccinale permettendo, usciremo dall'emergenza sanitaria con un debito pubblico almeno al 160% (eravamo, prima della pandemia, già drammaticamente al 135%), e se la crescita del PIL seguirà l'andamento degli ultimi decenni non abbiamo scampo.
Il Covid-19, soprattutto per noi italiani, è equivalso ad un secchio di acqua bollente su un corpo già martoriato da profonde ustioni.
Anche al netto del lockdown -in un Paese dove a parte il "pallone" non funziona quasi nulla, dove dominano coorporativismi e particolarismi mescolati ad un capitalismo di relazione straccione, dove la serietà e la coerenza sono spesso percepiti come un difetto, dove il nuovo in politica si rivela peggio del vecchio e dove, fatto più allarmante, persiste un diffuso rifiuto ideologico a riconoscere nelle aziende e nei lavoratori i soggetti che realizzano il benessere della Repubblica- nel giro di una decina di anni saremmo comunque giunti all'attuale disastro economico finanziario.
Nessuno meglio di Draghi conosce i meccanismi monetari e finanziari che regolano l'UE (è l'artefice del Quantitative Easing o c.d. Cannone che ci sta dando ossigeno).
Per l'indiscussa competenza, nessuno meglio di lui può interloquire con la Lagarde (BCE), con i vertici EU, con la Merkel e il FMI.
Nessuno meglio di lui può supervisionare la redazione (partecipata e vincolante per tutte le forze politiche da qui a 10 anni) del Recovery Fund garantendo la corretta e proficua allocazione delle ingenti risorse.
Non poteva essere fatta scelta migliore.
Mi auguro che sotto la sua guida di nasca un Esecutivo di forte coesione nazionale fra tutte le forze politiche (capiremo adesso chi è veramente responsabile) per evitare pericolose lacerazioni e spaccature geografiche e fra categorie produttive e per ricostruire, con la leva fiscale e previdenziale, sapientemente, quel tessuto connettivo nazionale che rese grande l'Italia del dopoguerra, fatto da 3/4 di piccole e medie imprese e 1/4 di grandi imprese e una nuova IRI con dentro le aziende di interesse strategico e le reti infrastrutturali.
In bocca al lupo a Draghi e agli italiani di buona volontà.
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