Qualche giorno fa un post dell'avvocato Gian Domenico Caiazza, Presidente dell'Unione delle Camere Penali, riguardo la vicenda del collega calabrese Pittelli in regime di custodia cautelare da otto mesi, mi ha riportato alla mente Gigi Sabani.
Sono cresciuto, come tanti della mia generazione, con le imitazioni del "Gigi nazionale" e circa una quindicina di anni fa ebbi modo di conoscerlo per via di amicizie in comune.
Prima di quel momento, ne avevo una immagine del solito uomo di spettacolo altezzoso e sulle sue.
Nella realta', invece, con non poca meraviglia, scoprii man mano che era l'esatto opposto: perbene, gradevole, semplice, addirittura umile, affettuosissimo e premuroso con la sorella, i familiari e gli amici stretti, e, superato l'iniziale e naturale distacco, amichevole e confidenziale con i conoscenti.
Ovviamente, divertentissimo nell'accennare scherzosamente qualche sua storica imitazione, ricordo su tutte Albero Sordi, e insuperabile nella conoscenza della musica leggera dove era impossibile coglierlo impreparato.
Un pomeriggio d'estate, seduti casualmente da soli di fronte ad un tavolo del solito ristorante, colse inaspettatamente uno spunto per accennare spontaneamente alla sua disavventura giudiziaria.
In realtà conoscevo molto bene i fatti, ma lo ascoltai con attenzione in silenzio senza quasi replicare, annuendo solo con lo sguardo e col capo.
Ancora oggi, a distanza di tredici anni dalla sua prematura scomparsa per infarto, ne ricordo quel volto incupito e l'espressione grave segno di una ferita dell'anima non rimarginabile.
Del resto, come dargli torto: vittima di una grave ingiustizia scaturita, nell'estate del 1996, da uno “scandalo finto” alimentato dalla "spregiudicatezza" di avvenenti ragazze desiderose di rapida carriera televisiva e dal solito becero sensazionalismo.
Quando, poi, prudenza, probità e ponderazione difettano laddove dovrebbero essere sempre di casa, ecco montare una inchiesta per truffa ai fini sessuali e induzione alla prostituzione che lo portò a conoscere la dura, sconosciuta e inimmaginata, fino a quel momento, realtà del carcere.
L’epilogo lo conosciamo tutti: da una parte, l’indagine si sgonfia rapidamente e arriva l’archiviazione e il risarcimento (risibile, 24 milioni di lire) per quei 13 giorni di ingiusta detenzione, dall’altra parte, finisce nel grottesco con il PM titolare dell’inchiesta, che ne chiese e ottenne l’arresto, il quale si fidanza e poi sposa la ex fidanzata di Sabani, già teste nell’inchiesta medesima.
Il PM se la cavo' con un semplice trasferimento per incompatibilità ambientale, mentre il malcapitato Gigi subì un danno d’immagine e professionale incalcolabile e un evidente trauma psicosomatico che, probabilmente, lo segnò fatalmente.
La custodia cautelare, temo, sia un istituto processuale di cui non si puo' fare a meno, ma andrebbe applicato, anche per vicende come quella appena narrata, "cum grano salis" e, opportunamente, per le persone incensurate, nel proprio domicilio.
Ma su questo ultimo punto vi invito a leggere e a riflettere sulle considerazioni postate dall'avvocato Caiazza e riprese in un articolo da "Il Riformista".
“Un’ingiustizia fatta all’individuo è una minaccia fatta a tutta la società” amava ripetere Montesquieu, filosofo, giurista e pensatore francese del XVIII secolo.
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