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BREXIT: fine dell'UE o inizio di un sano ripensamento?

Il triste esito del referendum sulla BREXIT mi ha confermato una sensazione che da anni avverto a pelle: L'Unione Europea nata da nobilissimi principi ispiratori, anziché come garante dell'affermazione dei diritti e baluardo per le libertà fondamentali richiamati dai suoi trattati istitutivi, viene percepita dalla gente come un apparato distante ed astruso (del resto l’organizzazione amministrativa dell’Unione non è mai stata molto felice) capace solo di elargire laute indennità e privilegi al solito esercito di politici e burocrati e completamente scollegato e distante dalla vita reale dei cittadini oltre che incapace di fronteggiare e/o risolvere qualsiasi tipologia di problema, dalla difesa comune al dramma dei migranti.

All'inizio, tuttavia, non è stato così almeno qui da noi: Ricordo che 20 anni fa vi era un grande entusiasmo collettivo anche a tratti infantile (rammento come in qualsiasi tipo di manifestazione universitaria, politica, culturale, sportiva campeggiasse orgogliosamente la bandiera blu con le stelle dell'Unione e l'uso dell'aggettivo europeo non veniva mai lesinato) che ha man mano ceduto il passo, soprattutto dopo l'unione monetaria, ad un atteggiamento di delusione verso una Istituzione vista sempre di più (non sempre a ragione) come una fonte di  regole, precetti e cavilli tesi ad appesantire ulteriormente una quotidianità già complicata dalla burocrazia nazionale. 

Forse bisognava attuare dapprima una credibile Unione politica (anche mediante una più consistente cessione di quote di sovranità da parte degli Stati nazionali a quei tempi possibilissima) e successivamente l’unione monetaria predisponendo accanto ai freddi vincoli (pur necessari) di natura finanziaria (rapporto debito/Pil 60% - rapporto deficit/Pil 3% - inflazione non oltre il 2%) percettibili parametri di natura sociale (livello dei servizi sanitari e del welfare, livello di trasparenza nelle p.a., condizione carceraria, libertà civili ed economiche etc.) in modo da rendere più coese e solidali popolazioni, così differenti per storia, cultura e formazione, in nome di un comune ideale di libertà, giustizia sociale, pace e all'insegna dell'affermazione palpabile dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali di cui al trattato di Maastricht del 1992.

Confesso che ieri mattina ho avuto un pessimo risveglio(anche perché mi ero addormentato con gli opinion poll che davano il “Remain” vincente); per ogni liberale la Gran Bretagna rappresenta un modello da emulare e la sua uscita dalla UE suona come una disfatta; Londra, di fatto, non è distante dall'Italia essendo la tredicesima città italiana con circa 250 mila connazionali. 

Se non vi sarà un serio ripensamento il fallimento della UE comporterà la rinascita dei localismi e dei particolarismi nazionali (e in Italia sappiamo di che erba si tratta).

Se, sciaguratamente, ciò dovesse accadere, l'affossamento di un ideale così grandioso e nobile sarà da imputare a pari merito ai vari populismi nonché ai miopi ed avidi euro-burocrati.

Commenti





  1. Il voto contro l'Europa in realtà non ha nulla a che vedere con l'Unione ma coi suoi carrieristi pubblici: con quella brutta gente che, come sovrani dell'800, si arrogano il privilegio di possedere a vita i pubblici impieghi dell'Unione, di non restituirli periodicamente al popolo europeo alla fine di un imprescindibile mandato temporaneo.

    Così il mondo politico europeo, distaccato dai cittadini ma non dalle lobby, può fare quel che vuole.

    Stanno cadendo a pezzi i singoli Paesi, stanno crollando intere Confederazioni, ed ancora non emerge la tremenda verità di un mondo rimasto come lo ereditammo dalle tirannidi: i cui poteri amministrativi e giudiziari sono una proprietà dei carrieristi privata d'accesso ai cittadini aventi pari diritto perché coi necessari requisiti.


    Si può abbandonare il mondo ad un destino che non merita solo per tacer questo?
    Si può farlo arretrare ancor più solo per non raccontare questa indiscutibile verità?


    Ogni giorno ci giungono dei comunicati. Da associazioni, attivisti, case editrici, centri studi, giornali, riviste, movimenti, partiti e quant'altri. Com'è che in 70 anni non abbiamo mai ricevuto una sola denuncia relativa all'indebita presenza di carrieristi, di assunti a vita, nei pubblici impieghi delle nostre Democrazie e Repubbliche?


    Quanto avventatamente abbiamo concesso la nostra fiducia?
    Quanto maldestramente siamo intervenuti sulla società?


    Con tutti i dubbi che si possono avere sulla questione di una democrazia che periodicamente manda a casa i soli addetti del potere legislativo ma non quelli del potere amministrativo e giudiziario, non sarebbe stato legittimo parlarne in tutti questi decenni? Verità è che i disastri raramente avvengono da soli. E non è questo il caso.

    Se non vogliamo finire tutti giù per terra, dobbiamo prenderci a schiaffi da soli, risvegliarci e cominciare ad occuparci solo di questo: rendere l'Europa democratica.


    Danilo D'Antonio
    hyperlinker.tk

    Civilmente, legalmente, pacificamente,
    rendiamo democratico l'intero Pianeta!

    STATO DEMOCRATICO: APERTO E PARTECIPATO
    http://BANCA-del-PUBBLICO-IMPIEGO.tk









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