Crisi di interi distretti industriali, crisi finanziarie globali,
minacce all’ambiente e al clima, minacce alla salute, messa in
discussione dell’intero sistema delle tutele e dei diritti acquisiti dai
lavoratori Italiani ed Europei attraverso secoli di lotte e
rivendicazioni.
Sono i regali della globalizzazzione “selvaggia” dell’ economia pensata, voluta e tanto decantata agli inizi degli anni 90.
Fu la nascita nel 1995 dell’ Organizzazione mondiale del commercio a fare da volano al mercato globale finito, contro ogni previsione, fuori controllo.
Proprio l’adesione al WTO di Paesi emergenti (Cina, India e sud-est asiatico in genere) che non disdegnano pratiche di “concorrenza sleale”, quali la contraffazione di marchi e brevetti e il plagio di modelli e design industriale, e dotati di una inesauribile forza lavoro a bassissimo costo ha favorito imponenti processi di “delocalizzazione” delle produzioni industriali (sono circa 150 mila le imprese americane ed europee presenti nella sola Cina) in quei Paesi -incoraggiati dalla pressoché totale assenza di ogni più elementare tutela in materia, sociale, sindacale ed ambientale- con la consequenziale distruzione di milioni di posti di lavoro in Occidente.
Così, l’avvento del mercato globale che avrebbe dovuto portare posti di lavoro “supertecnologici” per i nostri giovani (non si comprende, fra l’altro, come in un sistema Italia dove la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica è da diversi anni a livelli indecorosi), al momento, ha ingenerato forti paure e ha portato ad una drammatica e drastica riduzione dell’offerta di lavoro nei distretti industriali e nel manifatturiero, a una precarizzazione dei rapporti di lavoro esistenti oltre al drammatico fenomeno del “dumping sociale”.
Il miracolo asiatico non solo industriale, ma anche tecnologico e scientifico (grazie alle ingenti risorse finanziarie che questi Paesi dal PIL che cresce al ritmo del 10% annuo investono in ricerca e innovazione) si regge anche sullo sfruttamento economico e fisico di milioni di lavoratori.
Come dobbiamo porci di fronte a queste economie rampanti che si sviluppano vorticosamente calpestando i più elementari diritti dei lavoratori e addirittura dei fanciulli?
E’ utopistico pensare ad una globalizzazione più equa che proceda di pari passo con la globalizzazione dei diritti dei lavoratori?
Proprio nel Paese di Mao e della Rivoluzione culturale, per uno strano sberleffo della storia, Capitalismo e Comunismo che per mezzo secolo si sono odiati a morte ed hanno tenuto il mondo sotto scacco atomico, oggi lì, nelle loro versioni peggiori, hanno stretto un patto luciferino in nome del profitto sfrenato e a danno dell’individuo e della sua dignità.
Forse è troppo tardi ma ... se la Politica riprendesse a governare l’economia (e non viceversa…)
http://italiavivibile.ilcannocchiale.it/2010/08/15/ripensare_la_globalizzazione.html
Sono i regali della globalizzazzione “selvaggia” dell’ economia pensata, voluta e tanto decantata agli inizi degli anni 90.
Fu la nascita nel 1995 dell’ Organizzazione mondiale del commercio a fare da volano al mercato globale finito, contro ogni previsione, fuori controllo.
Proprio l’adesione al WTO di Paesi emergenti (Cina, India e sud-est asiatico in genere) che non disdegnano pratiche di “concorrenza sleale”, quali la contraffazione di marchi e brevetti e il plagio di modelli e design industriale, e dotati di una inesauribile forza lavoro a bassissimo costo ha favorito imponenti processi di “delocalizzazione” delle produzioni industriali (sono circa 150 mila le imprese americane ed europee presenti nella sola Cina) in quei Paesi -incoraggiati dalla pressoché totale assenza di ogni più elementare tutela in materia, sociale, sindacale ed ambientale- con la consequenziale distruzione di milioni di posti di lavoro in Occidente.
Così, l’avvento del mercato globale che avrebbe dovuto portare posti di lavoro “supertecnologici” per i nostri giovani (non si comprende, fra l’altro, come in un sistema Italia dove la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica è da diversi anni a livelli indecorosi), al momento, ha ingenerato forti paure e ha portato ad una drammatica e drastica riduzione dell’offerta di lavoro nei distretti industriali e nel manifatturiero, a una precarizzazione dei rapporti di lavoro esistenti oltre al drammatico fenomeno del “dumping sociale”.
Il miracolo asiatico non solo industriale, ma anche tecnologico e scientifico (grazie alle ingenti risorse finanziarie che questi Paesi dal PIL che cresce al ritmo del 10% annuo investono in ricerca e innovazione) si regge anche sullo sfruttamento economico e fisico di milioni di lavoratori.
Come dobbiamo porci di fronte a queste economie rampanti che si sviluppano vorticosamente calpestando i più elementari diritti dei lavoratori e addirittura dei fanciulli?
E’ utopistico pensare ad una globalizzazione più equa che proceda di pari passo con la globalizzazione dei diritti dei lavoratori?
Proprio nel Paese di Mao e della Rivoluzione culturale, per uno strano sberleffo della storia, Capitalismo e Comunismo che per mezzo secolo si sono odiati a morte ed hanno tenuto il mondo sotto scacco atomico, oggi lì, nelle loro versioni peggiori, hanno stretto un patto luciferino in nome del profitto sfrenato e a danno dell’individuo e della sua dignità.
Forse è troppo tardi ma ... se la Politica riprendesse a governare l’economia (e non viceversa…)
http://italiavivibile.ilcannocchiale.it/2010/08/15/ripensare_la_globalizzazione.html
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