Un Paese bloccato, depresso e addormentato, incapace di reagire: E’
la descrizione ufficiale dell’Italia fatta dal Censis nel suo ultimo
rapporto annuale che parla di 2,2 milioni di giovani i quali non
studiano né cercano lavoro.
Secondo l’Istat, poi, il 55% dei
giovani che un lavoro riesce a rimediarlo ( si tratta sovente, sempre
secondo il Censis, di occupazioni senza valore aggiunto) lo trova grazie
alle segnalazioni di parenti e amici mentre, la percentuale di ingressi
nel mondo del lavoro tramite i centri per l’impiego e le agenzie per il
lavoro è inferiore al 5% .
Questo il desolante quadro
dell’ufficialità confermato dalla percezione empirica che è quella di un
mercato del lavoro terribilmente pressoché fermo.
Ma come si spiega una crisi occupazionale giunta a livelli ormai insostenibili?
Impossibile elencare esaustivamente tutte le concause, ma queste mi paiono le più significative:
Pubbliche
Amministrazioni che per ovvie ragioni di bilancio, legate ad un debito
pubblico debordante, non fungono più da datori di lavoro come avveniva
regolarmente e in modo massiccio fino agli anni 90;
la
globalizzazione selvaggia dell’economia che porta i capitali a inseguire
le condizioni più vantaggiose in ogni angolo del globo e che ha
comportato massicce delocalizzazioni delle produzioni le quali hanno
inflitto colpi durissimi ai distretti industriali nostrani con
ripercussioni molto negative sui livelli occupazionali;
le mancate liberalizzazioni che ingessano e soffocano lo sviluppo economico;
la burocrazia asfissiante e la mancata semplificazione amministrativa e fiscale;
la
giustizia civile lentissima che blocca risorse economiche ingenti
togliendole dal circolo virtuoso dell’economia e scoraggiando gli
investimenti esteri in Italia;
le annose piaghe della criminalità organizzata, dell’illegalità diffusa, della corruzione dilagante;
il sistema scolastico ed universitario obsoleto con i suoi eterni e spesso inutili percorsi formativi che rimandano sine die l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro speculando, non di rado, sulle loro aspettative mortificate.
A ciò si aggiunge un altro dato allarmante: Il mondo del lavoro autonomo, che realisticamente, allo status quo,
potrebbe costituire la leva economica più credibile, ha subito dal 2004
ad oggi (fonte Censis) pesanti perdite che si possono quantificare in
437 mila unità (lavoratori in proprio, artigiani, commercianti); fra
l’altro da un recente rapporto (settembre 2010) di Confcommercio emerge
come ancora la maggioranza dei giovani Italiani insegue l’idea del
“posto fisso”; infatti, soltanto il 37,7% di loro sarebbe disposto a
cimentarsi su di un lavoro autonomo assumendosi il rischio di impresa.
La
scarsa diffusione della cultura del lavoro autonomo fra i giovani che
in certe zone d’Italia è davvero endemica, costituisce un problema
enorme; occorrerebbe favorire un vero e proprio cambio di mentalità (Cfr. “Il cambio di mentalità che il Paese stenta a fare” di Oscar Giannino su “Il Messaggero” del 25 ottobre 2010)
In
un tale contesto si innesta la latitanza della politica che se non
fosse completamente scollegata dalla realtà sociale dovrebbe scorgere
proprio nel mondo delle partite iva (micro-imprese, piccole aziende,
piccole attività professionali) una leva prontamente utilizzabile ai
fini di una repentina ripresa economica.
Come?
Innanzitutto
con una massiccia opera di liberalizzazione che dovrebbe riguardare
tutti i settori nessuno escluso scegliendo, senza tentennamenti, di far
prevalere finalmente gli interessi generali sugli interessi particolari
(secondo la Banca d’Italia, una decisa politica di liberalizzazione nei
settori meno esposti alla concorrenza potrebbe generare un aumento del
PIL dell’11%; per l’ OCSE, le liberalizzazioni aumenterebbero la
produttività in Italia di quasi il 14% nei prossimi dieci anni);
diffondendo
la cultura del lavoro autonomo, estendendo ad esso, nelle fattispecie
in cui il fattore umano prevale sul capitale, le tutele previste per il
lavoro subordinato, favorendone l’effettivo accesso al credito e,
soprattutto, riconoscendone l’imprescindibile funzione sociale;
introducendo nel nostro sistema fiscale, inizialmente almeno per le partite Iva con un piccolo giro di affari, il TAX RULING con
le Agenzie delle Entrate in modo da stabilire in via anticipata
l’ammontare della tassazione annuale di modo che il non facile rapporto
fra contribuenti e fisco (condito da diffidenza reciproca, paura e
mancanza di collaborazione) potrebbe essere anticipatamente risolto con
benefici effetti per entrambi e come pungolo all’ intrapresa di nuove
iniziative economiche.
Vi sarebbero poi, a mio avviso, tanti altri accorgimenti a costo zero:
Il
superamento di ogni discriminazione ( dal punto di vista culturale,
legislativo, contributivo e previdenziale) gravante sui lavoratori in
ragione della loro non più giovane età anagrafica (l’attuale rigidità
non è in linea con l`evoluzione demografica dei Paesi occidentali,
caratterizzata dall`allungarsi della vita media, inclusa la vita
produttiva, e con l` esigenza di adattarsi alle nuove necessità che
questa evoluzione genera). Questo punto, in particolare, insieme
all’attuazione delle politiche di liberalizzazione nel lavoro
rappresenta il necessario contrappeso alla sempre più stringente
richiesta di flessibilità nel percorso lavorativo di ognuno;
il
ripensamento dei Centri per l’impiego incapaci di garantire l’effettivo
incontro fra domanda e offerta di lavoro ed il cui fallimento è
testimoniato dai dati forniti dal Censis e sopra riportati;
probabilmente un servizio così cruciale e delicato andrebbe
esternalizzato e affidato a figure più professionali e motivate;
il
favorire nel nostro Paese la mobilità interna dei lavoratori attraverso
il reperimento e l’assegnazione di mini alloggi ad un canone di
locazione agevolato proporzionato allo stipendio effettivo (attualmente a
Milano uno stipendio medio di 1200 Euro copre a malapena l’affitto
mensile per un monolocale);
spese di trasporto gratuite per i giovani disoccupati che si spostano per sostenere colloqui di lavoro in ogni parte d‘Italia;
Non
sarà una rivoluzione copernicana , ma visto il quadro desolante che la
politica (politica?) ci offre in questo scorcio di 2011 meglio che
niente … da qualche parte bisogna pur fattivamente iniziare partendo da
dati e analisi empiriche… il mondo intorno a noi corre… e le belle
parole lasciano il tempo che trovano.
http://italiavivibile.ilcannocchiale.it/2011/01/31/considerazioni_sul_mercato_del.html
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